b) ministerialità diffusa

Quale appendice al Piano pastorale ‘97/’98 compare il testo sintesi di una ricerca comune e piste di lavoro dai Consigli Presbiterale e Pastorale “A Proposito di ministerialità diffusa”. Vi si legge che: tutta la Chiesa è ministeriale, solo una Chiesa tutta ministeriale può essere soggetto della nuova evangelizzazione, è necessaria una riforma pastorale che può comportare anche una revisione strutturale, per attuare questa riforma serve una ‘ministerialità diffusa’, con tale espressione si intende una comunità che educa donne e uomini capaci di assumere responsabilità pastorali anche diocesane. Dopo la riproposizione di un passaggio del testo sinodale in cui fra gli operatori pastorali si evidenzia anche la necessità animatori pastorali per i grandi palazzi dei quartieri cittadini e per l’ambiente di fabbrica, collaboratori nei Consigli Pastorali che di dedichino alla costruzione di comunità sempre più autentiche e testimonianti, sposi scuola di fede per i figli, cristiani che si dimostrino tali attraverso il lavoro, la scuola, la professione, la politica, lo sport, la comunicazione sociale, l’arte, il tempo libero, si passa ad alcune indicazioni concrete: avviare il nuovo corso per il Diaconato permanente, rinnovare l’appello (anche ai maschi) per Assistenti pastorali, favorire i cosiddetti Ministeri istituiti e di fatto come previsto dal Sinodo Diocesano ai nn. 147 e segg., impegno per la pastorale vocazionale globale, dare importanza ai momenti associativi come centri di formazione e vocazione.
Non sono mancate però le critiche e le sollecitazioni ad essere più decisi, come ad esempio nelle considerazioni al termine della seconda Visita Pastorale dove troviamo questo passaggio:
"Circa il laicato, soprattutto quello più impegnato nel Consiglio Pastorale o in altre forme di partecipazione, il Vescovo ha avuto la sensazione di un certo ripiegamento: quanto meno non ha potuto constatare uno sviluppo nè nella formazione, nè nella partecipazione.
Circa le strutture, fra la prima e la seconda (visita) non si è verificato quel maggiore "controllo" che si era auspicato.
Circa le strutture più propriamente pastorali (es: Consigli Pastorali e Consigli Affari Economici) si è resa evidente la loro difficoltà a funzionare (specie nelle parrocchie più piccole).
Circa le strutture di servizio (chiese, case parrocchiali, oratori, asili, ecc.) non si è ancora riusciti a redigere una "mappa" sufficientemente precisa e soprattutto mirata ad individuare un futuro.
Sarà un compito questo da completare nella prossima visita.
A questo punto si possono raccogliere alcune impressioni che il Vescovo ha espresso ai Consigli Presbiterale e Pastorale riuniti insieme nel giugno 2005.
Si tratta ovviamente di pure impressioni, che il Vescovo ha inteso esprimere, senza per altro documentarle con giudizi definitivi e tanto meno pessimistici.
Esse sono raccoglibili sotto una duplice categoria: quella del minor "slancio partecipativo" e quella di una certa "omologazione pastorale".­
Il Vescovo ha ritenuto di riconoscere in molte comunità parrocchiali e in certi vicariati un decrescente slancio partecipativo.
Ad esempio, mentre in diversi vicariati erano presenti delle Commissioni pastorali che nella prima visita erano vivaci protagoniste, in questa seconda, quasi ovunque esse non si sono espresse e, forse, non hanno neppure più continuato il loro lavoro pastorale.
Così anche per quanto concerne il funzionamento dei Consigli Pastorali in cui la presenza laicale è spesso poco più che formale. Ancora si intravede una grave insufficienza partecipativa alle aggregazioni laicali, specialmente l'Azione Cattolica che in molte parrocchie è addirittura assente.
Quanto alla "omologazione pastorale" il Vescovo ha preso atto di una specie di costante nell'attività pastorale di un po' tutte le parrocchie, dove all'impianto di catechesi per l'iniziazione cristiana non corrisponde poi un po' di continuità dopo la Cresima, nel tempo difficile dell'adolescenza. Analogamente nella vita liturgica si riscontra un po' ovunque un'assuefazione pragmatica che spesso non lascia trasparire la forza della riforma liturgica conciliare. La difficoltà delle pastorali specifiche (giovanile, familiare) è pressoché generalizzata. Soprattutto è evidente in quasi tutte le parrocchie la carenza della catechesi degli adulti e l'impasse di fronte alle problematiche sociali e politiche (lavoro, sanità, rispetto del creato ecc.).
Si ha l'impressione generalizzata di una pastorale parrocchiale che si limita al culto e all'iniziazione cristiana, con tutte le sue difficoltà. ­
In città poi è evidente la scarsa preparazione delle parrocchie ad assumersi pastoralmente le problematiche propriamente cittadine e civili: non c'è insieme una vera e propria pastorale della città, così come fa fatica a crescere, un po' ovunque, una pastorale del territorio"
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(3 - segue...)

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