La nube dei Testimoni (Primi Vespri Sant'Evasio 2006)

Questo inizio del cap. 12 della Lettera agli Ebrei, testo che ho scelto per questa Omelia di apertura delle nostre Feste Patronali , deve essere collegato con la grande litania dei santi Patriarchi e Profeti di cui distesamente parla il capitolo precedente.
Parlando della fede, l’autore della lettera la coniuga nella vita e nell’ esperienza dei grandi protagonisti della storia del popolo ebreo.
È come un ritornello, una specie di litania, appunto.
Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio
Per fede, Noe ......
Per fede Abramo ....
Per fede Sara .....
E cosi via.
Per fede, Isacco, Giacobbe, Giuseppe.... Per fede, Mosè.
E quando la litania sembra concludersi ecco il rimbalzo retorico dell’autore ispirato: “E che dirà ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Sansone, di Jefte, di Davide, di Samuele, dei profeti. Per fede essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco,sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riebbero, per risurrezione, i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.
Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati e torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati- di loro il mondo era degno!- vaganti per i deserti, sui monti, fra le caverne e le spelonche delle terra. (Ebr. 11,33-38).
Vi ho voluto leggere questa stupenda pagina perché solo così è illuminante il testo seguente: “Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni.... (Ebr 12,1).
Evasio è uno di essi.
E quando la sua effigie si è illuminata, nell’Arona di Verona, tra le oltre duecento dei Santi di tutta Italia, vi confesso che ho avuto un sussulto d’orgoglio.
Sì- come diceva Bernanos “la nostra Chiesa è la chiesa dei santi!
E l’infinità di litanie delle loro vite ci scorre davanti e ogni giorno ci incoraggia alla speranza.
Continua il brano della lettera agli Ebrei che abbiamo preso in esame:”Circondati da tale moltitudine di testimoni (...) corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”(Ebr 12,2)
Due sono i poli di questa nostra riflessione alla vigilia del Santo Patrono.
Da una parte “la nube dei testimoni” e dall’altra “lo sguardo fisso su Gesù”.
I testimoni: ecco la compagnia sul sentiero che vogliamo percorrere con lo “sguardo fisso” su Gesù.
Questo “sguardo fisso” ha entro di sè una citazione implicita del vangelo di Giovanni, quando, di fronte al costato trafitto da cui esce sangue e acqua, colui che ha visto e ne dà testimonianza cita la profezia di Zaccaria: “Videbunt in quem transfixerunt”.
Fissiamo lo sguardo su colui che è stato trafitto.
Fissare lo sguardo su Gesù, il Gesù della Pasqua di morte e risurrezione, il Crocifisso Risorto come noi in questa nostra stupenda Cattedrale possiamo fare, fissando questa antica e storica croce.
Tenere fisso lo sguardo sul Risorto, speranza del mondo è il primo messaggio che, in questa festa patronale, ci giunge da Convegno Ecclesiale di Verona.
Ma con esso ecco l’altro messaggio: la nube dei testimoni,la litania dei Santi.
Lasciate che io rievochi, qui, questa sera, l’emozione profonda che provammo tutti all’Arena di Verona, all’apertura del Convegno ecclesiale.
L’altra sera, il vescovo di Novara, ricordava al nostro Convegno il vialone d’accesso alla fiera, dove si svolgevano le assemblee del Convegno ecclesiale, fiancheggiato dalle gigantografie di cristiani che hanno testimoniato la speranza nella nostra patria nel secolo scorso: un sindaco e politico come La Pira, un pedagogista come Gesualdo Nosengo, e così via.
Non minore emozione la lunga litania dei santi, Testimoni di tutte le Chiese d’Italia: oltre duecento.
E mentre l’assemblea li invocava ad uno ad uno – prega per noi!- ci sentivamo tutti circondati da questa nube di testimoni.
La nostra Chiesa è la Chiesa dei santi. Anche la nostra. La Chiesa di Sant’Evasio.
Anche noi abbiamo, nella storia recente, da raccontare storie di santi.
Ne ricordiamo alcuni: rievocandone la memoria nella storia recente della nostra Diocesi: due preti, un giovane, una donna.
Il giovane è il venerabile Casimiro Barello, nativo di Cavagnolo che nella seconda metà dell’ottocento sconvolse, con la sua testimonianza di povero pellegrino, adoratore dell’Eucaristia, gli schemi borghesi della società: andò a morire in Spagna ad Alcoy, dove ancora è sepolto e venerato. Recentemente in quella città una via è stata dedicata a lui.
La donna è Giovannina Mazzone che nella nostra città ha lasciato segni straordinari di santità, all’inizio del secolo scorso, fondando l’Istituto delle Figlie di Nostra Signora di Lourdes, recentemente apertosi alle missioni africane, seguendo l’inenzione missionaria di questa straordinaria donna casalese, dal cuore aperto agli orizzonti della mondialità.
Il primo prete è il salesiano nativo di Lu Monferrato, il Beato Rinaldi, uno dei successori di Don Bosco alla guida della grande famiglia salesiana come Rettore Maggiore.
Uomo umile, semplice, generoso: lavoratore di pura razza monferrina, testimone di tanto amore salesiano per i giovani, specie per i più emarginati.
L’altro prete è il servo di Dio Mons. Luigi Novarese, i cui familiari sono ancora tra noi e la cui opera in favore dei malati è divenuta esemplare per tutta la chiesa. Alla Serniola – la sua casa natale- il suo ricordo è vivo e appassionante il suo messaggio, attraverso l’opera dei Silenziosi Operai della Croce e del Centro Volontari della Sofferenza.
Di lui ha scritto il nostro rimpianto amico e collaboratore Mons. Felice Moscone in un libro dal titolo – oggi suggestivo e profetico”Seminatori di Speranza”.
Se fosse ancora fra noi il caro don Felice potrebbe riconoscere in quel titolo l’attualità della Chiesa, espressa con i suoi Santi a Verona.
E io resto confuso oggi rileggendo la dedica che nella sua bontà e amicizia ha voluto siglare al copia che conservo gelosamente.
“Con affetto e riconoscenza
al carissimo vescovo Germano
“seminatore di speranza nella chiesa casalese”
Don Felice
Sono confuso e felice: siamo davvero circondati da una nube di testimoni: testimoni di speranza.
E così sia.

Nessun commento: