Un popolo di credenti appassionati al Vangelo (Verona, 16-20 ottobre 2006)

È il 15 ottobre, domenica. Mi avvio verso Verona. È il quarto Convegno ecclesiale a cui prendo parte da protagonista. C’ero a Roma nel ’76, quando il binomio "Evangelizzazione e promozione umana" ci galvanizzava. C’ero a Loreto, quando il cardinale Ballestrero trasse conclusioni concise, appassionate, puntuali sulla Riconciliazione. E c’ero a Palermo nel ’95, appena ordinato vescovo: ricordo d’aver vissuto l’entusiasmo di una città e soprattutto di una comunità cristiana ospitale, generosa, appassionata, con una voglia matta di mostrare il suo vero volto. E ora sto andando a Verona dopo un anno fervido di eventi, in una cascata di avvenimenti, discussioni, confronti, documenti, vissuti con serietà dalle nostre Chiese.
16 ottobre, lunedì. Non mi è facile questa sera togliermi dagli occhi lo splendido spettacolo dell’Arena di Verona, celebre per ben altre spettacolari visioni e scenografie. Non posso cancellare l’emozione di quell’attimo in cui, sull’onda fervida delle note struggenti di Mascagni (il Regina Coeli reinterpretato nella solennità della musica operistica), si sono accese le oltre 200 icone dei nostri santi. L’imbrunire ormai avanzato ce li concedeva tutti in uno splendore che mi ha fatto pensare alla rosa dantesca, dentro la quale il sommo poeta colloca la preghiera a Maria sulle labbra di san Bernardo.
Ora è notte e rileggo un testo che mi è caro e che porto con me in ogni viaggio, la splendida "litania" che il grande Bernanos pone alla fine del suo libretto L’eretica e santa Giovanna: «La nostra Chiesa è la Chiesa dei santi. Per essere un santo, quale vescovo non darebbe il proprio anello, la propria mitra, il proprio pastorale, quale cardinale non cederebbe la propria porpora, quale Pontefice il proprio vestito bianco, i propri camerieri, le proprie guardie, il proprio potere temporale? Chi non vorrebbe avere la forza di correre questa incredibile avventura che è anche la sola avventura possibile? Chi ha compreso questo, anche per una sola volta, è entrato nel cuore della fede cattolica».
17 ottobre, martedì. Sono state dette molte belle e chiare parole, dal cardinale Dionigi Tettamanzi al teologo Franco Giulio Brambilla. Ma di oggi ricorderò l’esecuzione in prima assoluta di un oratorio musicale che mi ha commosso. Resurrexi è l’opera che genialmente gli organizzatori del Convegno hanno commissionato al compositore alessandrino Alberto Colla e al poeta Roberto Mussapi, presentata nell’ovattata conchiglia del Teatro Filarmonico di Verona. La splendida sequenza finale dell’Alleluia mi pare non esagerato dire che entrerà nella storia dei più grandi Alleluia che l’arte musicale abbia mai saputo creare. Complimenti davvero a Colla e Mussapi e agli esecutori, ma soprattutto a questa committenza di una Chiesa che finalmente non lesina sforzi nel ritornare a essere protagonista dell’arte, al servizio della fede.
18 ottobre, mercoledì. Una Chiesa di gente e non solo gente di Chiesa.
Mi è tornato alla memoria questo giochino di parole durante i lavori dell’assemblea: folla impegnata, seria, appassionata. Un affascinante momento di comunione ecclesiale. In serata una tavola rotonda di sapore europeo, tanto per non rinchiuderci in stretti orizzonti. È venuta fuori quella "gente" che popola le 26.000 parrocchie italiane che raramente fanno notizia, ma che offrono di sé la struggente immagine di un popolo credente, appassionato alla coerenza del Vangelo, agli orizzonti della speranza e agli ambiti di una carità vissuta nel solco della vita quotidiana.
19 ottobre, giovedì. Giornata del Papa, o meglio "con" il Papa: grandi linee programmatiche che dovranno essere ripensate. Grazie, papa Benedetto. Grazie, benedetto Papa.
20 ottobre, venerdì. La fiera si chiude. Non suoni offensivo: in effetti abbiamo vissuto una settimana nelle grandiose e immense strutture della Fiera di Verona, sotto arcate di cemento armato. Un’ambientazione che i pochi orpelli del Convegno non hanno sostanzialmente mutato. E quelle strutture dedicate, come lo stadio, a ben altre espressioni di umanità (economiche, sociali, politiche, culturali) sono state per una settimana abitate da un popolo stretto attorno ai suoi Pastori e illuminate dalla solenne presenza del Risorto.
Porto a casa tante emozioni. Da Tettamanzi a Ruini, sono venute all’assemblea suggestioni impegnative. Ma torno a casa con una convinzione, che a qualcuno parrà un po’ scettica: «Niente palingenesi!». Se qualcuno le ha sognate, creando attese miracolistiche, resterà deluso. Da Roma a Loreto, da Palermo a Verona, la Chiesa che è in Italia ha tracciato un cammino progressivo: cercheremo di proseguirlo. Poi sarà quello che lo Spirito (colui che pure "ha parlato alle Chiese") susciterà tra noi.
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+ Germano Zaccheo

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