Veglia di Natale 2006

Il racconto del Natale, donato alla persona brillante e poetica dell’Evangelista Luca è contrappuntato in questa liturgia della Notte santa dalla pagina profetica di Isaia e dalle parole di Paolo nella lettera a Tito.
I tre testi che abbiamo ascoltato hanno in comune un annuncio:
Isaia: un bambino è nato per noi, ci è stato donato un Figlio.
Paolo: È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza.
Luca: Vi annuncio una grande gioia: oggi vi è nato un Salvatore.
Ma ciò che è stupefacente nel Vangelo di Luca è che il segno dato ai pastori è un ben povero segno rispetto alla grande gioia per un Salvatore.
“Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”.
C’è una evidente sproporzione fra il segno (un bambino) e l’annuncio altisonante della grande gioia.
È la stessa sproporzione del testo di Isaia fra “il popolo che camminava nelle tenebre, il giogo dell’oppressore, il bastone dell’aguzzino e l’annuncio di un Bambino che porta “sulle spalle il segno della sovranità”.
Ha ragione dunque Paolo che non parla propriamente di un bambino, come Isaia e Luca, ma parla delle grazie di Dio, apportatrice di salvezza.
Il bambino di Luca e di Isaia è “grazia di Dio per l’umanità”.
E se appare sproporzionato il piccolo segno di un Bambino nella mangiatoia, tutto si fa luce seguendo quel Bambino è “grazia di Dio, apportatrice di salvezza”.
Proviamo a rileggere il contesto in cui si colloca questo singolare annuncio.
Per Isaia è la condizione miserevole del suo popolo del quale il profeta vuole sostenere una speranza di futuro, contraddetta dal drammatico presente.
Il popolo che camminava nelle tenebre e “coloro che abitavano in terra tenebrosa”: ecco una pennellata di colore che ben definisce, per allora e per sempre, la drammatica condizione umana avvolta nelle tenebre.
E il profeta spiega, con il linguaggio del tempo la condizione di un popolo schiavo: “il giogo dell’oppressione, la sbarra sulle spalle, il bastone dell’aguzzino”.
Non ci vuole molta fantasia per interpretare questa profezia che travalica i secoli.
Anche oggi, anche la nostra orgogliosa civiltà è avvolta da misteriose tenebre: la negazione di Dio e della sua Grazia; l’orgoglio di voler fare da sé escludendo dal suo orizzonte la salvezza offerta in Cristo; la babele delle parole e delle idee per cui male e bene si confondono a seconda del proprio comodo o della propria ideologia; lo smarrimento di un comune sentire per cui non si trovano più le ragioni profonde per una convivenza pacifica e solidale; e soprattutto le nuove, moderne oppressioni della libertà, attraverso i sofisticati meccanismi della politica e della manipolazione dell’opinione pubblica.
E proprio mentre la nostra civiltà sembra toccare vertici di assoluto progresso, ci accorgiamo che sempre più barbarico è il rapporto fra nazioni e famiglie, tra popoli e persone.
Anche gli avvenimenti di questi giorni ci allarmano: se non si trova più il lume della ragione per distinguere la famiglia di altre forme di convivenza, volendole tutte parificate, vuol dire che barcolano tutti nelle tenebre.
E se non troviamo più le ragioni per affrontare malattie e morte con virile coraggio, anzi, per una falsa pietà, indulgiamo all’eutanasia come soluzione dei problemi ultimi dell’esistenza umana, ciò vuol dire semplicemente che le tenebre ci avvolgono, come l’antico profeta ci ha scritto.
Se assistiamo impotenti a questa nuova strage degli innocenti (non per caso connessa con il Bambino di Betlemme) per cui milioni di esseri umani vengono trucidati nel ventre delle loro madri, grazie all’infausta prassi dell’aborto per di più legalizzato, anzi usato come tecnica addirittura per tentare l’orgogliosa avventura della creazione artificiale della vita, ciò vuol dire semplicemente che le tenebre ci avvolgono e con il popolo intero cammina nella notte .
Ma ecco il colpo di remi: ecco l’annuncio “Un bambino è nato per noi”.
Ritornando a Lui, amore rivelato nel bambino, torneremo a “rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo.
E così sia.

Nessun commento: