Per una speranza viva (Natale 2005)

“Per una speranza viva” è la parola con cui si apre la I lettera di Pietro, il cui messaggio fa da sottofondo per il cammino di preparazione che la Chiesa italiana si è data, guardando avanti al Convegno ecclesiale nell’autunno 2006 con il tema- programma: “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”.
Ho voluto parlarne distesamente nella messa di mezzanotte e voglio riprendere il tema ora che ci ritroviamo nella luminosa solennità del giorno.
Voglio parlarvi della speranza perché questa mi sembra essere effettivamente la qualità di questo Natale.
Di luminosa speranza è intriso il brano del profeta Isaia, che abbiamo letto come primo in questa ricca e suggestiva liturgia della Parola.
Di fronte al “messaggero” che viene annunciando la salvezza ,il profeta provoca il suo popolo alla speranza . E ce n’era bisogno nei tempi calamitosi in cui viveva il profeta.
“Senti?- insinua la sua voce- Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano la gioia (...). Prorompete insieme in canti di gioia (...) perché il Signore ha consolato il suo popolo (Is. 52,7 e ss)
E “tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio” (Is 52,10).
Si dirà che era un altro tempo, che si alludeva al ritorno in patria degli esuli, che la festa sarebbe durata ben poco.
Ma attenzione, quando noi leggiamo nella liturgia le parole della Bibbia esse assumono una coinvolgente attualità.
Ce ne dà una chiave di lettura questo famoso e folgorante “incipit” della Lettera agli Ebri che abbiamo assaporato nella II lettura.
Eccolo:
“Multifaria multisque modis”.
“Molte volte e in molti modi Dio aveva parlato nei tempi antichi, per mezzo dei profeti: ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. (Ebr. 1.1).
Sì, in questi giorni infatti “Verbum caro factum est et habitavit in nobis”. (Gv 1,14)
Latino facile e suggestivo che abbiamo spesso ripetuto nella celebre preghiera dell’Angelus Domini e che oggi ci è stato riproposto nel sontuoso contesto del Prologo del Vangelo di Giovanni.
“In principio erat Verbum et Verbum caro factum est”. (Gv 1,14)
É questa la notizia di oggi: che “ultimamente, in questi giorni, Dio ci ha parlato per mezzo del Figlio, il Verbo fatto carne nel grembo di Maria.
La speranza cristiana- quella che la Prima lettera di Pietro chiama “speranza viva” è fondata sull’attualità di questo avvenimento, come dice l’Angelo ai Pastori, secondo il vangelo di Luca che abbiamo accolto nella notte.
“Oggi è nato per voi un Salvatore”. (Lc. 2,11).
Ultimamente, in questi giorni, ecco l’attualità della speranza viva.
Soffermiamoci brevemente sulla ricchezza della pagina evangelica la cui attualità è perfino commovente.
Dopo aver illuminato l’orizzonte con la visione del Verbo che era presso Dio, fin da principio, e anzi era Dio, l’evangelista Giovanni, con grande speranza, cultura e poesia, traccia una scia di luce che dall’infinito Iddio scende fino alla nostra sconcertata umanità.
“In lui- nel Verbo- era la vita e la vita era la luce degli uomini.
La luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta”. (Gv.1,passim)
Drammatica (e non solo letterariamente felice) questa contrapposizione tra tenebre e luce e cioè fra morte e vita.
Drammatica e attuale.
La vita infatti, oggi forse più che mai, è tradita e umiliata.
E la luce è oscurata, rifiutata, derisa.
Davvero le tenebre stanno rivelando la loro vittoria.
E il dramma del rifiuto della luce si va rinnovando: “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 11).
Ci viene da dire che l’attualità del Vangelo è in effetti sconvolgente.
Tutto ciò che sembra confinato negli avvenimenti di molti secoli fa , sembra avvenire “ultimamente”, in questi giorni. Anzi oggi. In questo Natale.
Ma se è attuale l’ombra delle tenebre e del rifiuto della vita e della luce, è però estremamente attuale la forza della testimonianza.
Dice infatti il Vangelo: “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni “ ( Gv. 1,6) (Al di là delle pure assonanze di nomi, ben tre Giovanni sono venuti in questo passato secolo a dar testimonianza).
Continua infatti l’evangelista:
“Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce”. (Gv. 1,7).
É il compito perenne della Chiesa e di noi che ne siamo parte.
Rendere testimonianza. Proprio come ci solleciterà il Convegno ecclesiale al quale ci prepariamo: “Testimoni di Gesù, speranza del mondo”.
Natale di speranza il nostro perché siamo chiamati a rendere testimonianza alla luce che è speranza del mondo.
Se vogliamo insistere sulle tenebre, ne potremmo avere mille ragioni.
Ma noi siamo “Testimoni di speranza”.
E dunque dobbiamo far fede a ciò che l’evangelista Giovanni afferma in questo suo sconvolgente prologo: “A quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12 ).
É su questa certezza che si fonda la speranza, di cui siamo chiamati a dare testimonianza.
O per dirla con la Prima Lettera di Pietro “a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”. (I Pt. 3,15).
La certezza è lapidariamente espressa dal Vangelo annunciato in questo luminosissimo giorno: E il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi: e noi vediamo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
In effetti noi abbiamo fra le mani questo Vangelo e oggi noi lo proclamiamo in tutta la sua forza di “grazia e di verità”.

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