L'omelia del card. Poletto ai funerali di mons. Germano Zaccheo, Duomo di Casale Monf. 26/11/2007

Carissimi, questa è una di quelle occasioni nelle quali si sente il peso della responsabilità di dover parlare, perché il silenzio sarebbe per me in questo momento la scelta più facile e più desiderata. Ma, pur col cuore spezzato dal dolore, ho il dovere di aiutarvi a fare anche di questa tragica circostanza un’occasione di preghiera, di riflessione e soprattutto di grazia perché oggi il Signore ci rivolge un nuovo appello affinché la Chiesa casalese riesca ad esprimere la sua grande fede e la sua sicura speranza specialmente ora, qui, davanti alla bara del proprio Vescovo.
Ho davanti agli occhi e si ripercuote con profonda emozione nel mio cuore questo spettacolo commovente di tutto un popolo che si stringe intorno all’amato Pastore e ne piange la scomparsa come figli che sentono l’improvviso e tragico distacco dal Padre. Sono lacrime di dolore, le nostre, come quelle di Gesù davanti alla tomba di Lazzaro: un dolore che si interroga e cerca conforto e risposte di senso di fronte al mistero della morte, risposte che si possono e si devono trovare soltanto in Gesù e nella sua Parola, ma che lasciano ugualmente aperta la ferita del distacco. Gesù era arrivato a Betania per risuscitare Lazzaro, sapeva ciò che stava per fare e tuttavia piange: la nostra umanità reagisce col pianto alla realtà della morte, anche se sappiamo che chi scompare improvvisamente dalla nostra vista non ci viene tolto, ma ridonato in una dimensione diversa: “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata un’abitazione eterna nel cielo” (Prefazio dei defunti n. 1).
La salma di don Germano è posta al centro del suo duomo, la sua cattedrale. Questo straordinario monumento, unico nel suo genere, è stato riportato al suo antico e originale splendore dalla volontà determinata e convinta del Vescovo Germano. Non vedete voi nella forza architettonica di questa struttura, nella luninosità del nartece, in ogni pietra di questo edificio, la grandezza di tutta una storia di Chiesa, di questa santa Chiesa di Casale che, lungo i secoli, qui ha evangelizzato, custodito e testimoniato il prezioso tesoro della fede? Il vostro Vescovo ha voluto che il duomo tornasse a splendere in tutta la sua bellezza perché ognuno di voi prendesse coscienza che questo è soltanto un segno della bellezza spirituale delle vostre persone, di tutto il popolo di Dio quando vive la santità cristiana. Per questo scopo egli è stato inviato qui e ha dato la vita per voi spendendo tutte le sue energie umane e soprannaturali per costruire la vostra comunità secondo il disegno di Dio, che col Battesimo è venuto ad abitare in voi per rendervi santi. La bellezza del duomo mi porta a contemplare la bellezza spirituale di questo popolo numeroso che siete voi, mentre risuonano dentro di me le parole dell’Apocalisse: “Ecco la dimora di Dio tra gli uomini” (Ap 21, 3). In voi, in questa assemblea riunita in preghiera, commossa e piangente, io vedo con gli occhi della fede la presenza di Dio.
Però ora in mezzo a noi, qui davanti, non vediamo più la figura dolce e sorridente, paterna ed amica, del vostro Vescovo Germano. C’è una bara che racchiude il suo corpo. Ci sentiamo smarriti e ci nasce un interrogativo: finisce tutto così? No! Questa bara è un segno di ciò che si era, di ciò che la morte produce, cioè il disfacimento del nostro corpo che risorgerà al ritorno finale di Cristo, ma lo spirito del vostro Vescovo non si è spento: esso è vivo davanti a Dio, ormai lo contempla faccia a faccia gustando il premio riservato ai servi fedeli. Siccome Dio è dappertutto, quindi anche qui, il vostro Vescovo, che è con Dio, è qui con noi col suo spirito, con la sua identità personale. La Chiesa gloriosa del cielo, dove egli è giunto, vive in comunione, perciò unita con la Chiesa pellegrinante sulla terra, che siamo noi, per cui le nostre preghiere per lui e la sua preghiera per noi si fondono tra loro e ci fanno sentire ancora insieme in forza della comunione dei santi. Guardando questa bara noi ricordiamo il dono della sua vita, consumata per noi, e alzando gli occhi, verso il grande Crocifisso, uniamo la vita di don Germano al sacrificio di Cristo e ci sentiamo così attirati da Gesù a guardare alla patria definitiva del cielo, verso la quale tutti siamo incamminati.
a)La Parola di Dio
Se ci poniamo ora in ascolto interiore della Parola di Dio che è stata proclamata, le cose che finora ci siamo dette emergono con grande chiarezza nella nostra mente e nel nostro cuore.
b)San Paolo ci ha detto: “Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato, così anche quelli che sono morti (quindi anche don Germano), Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con Lui … Confortatevi dunque a vicenda con queste parole ” (1 Ts 4, 13-14.18).
c)Il Vangelo ci ha suggerito di ripensare la vita del Vescovo Germano come l’immagine viva di Gesù buon Pastore. Come Gesù egli ha offerto a voi tutto se stesso, vi ha conosciuti, chiamati per nome e voi l’avete seguito. Insieme con lui avete camminato in questi dodici anni crescendo nella comunione e nel reciproco affetto spirituale e cercando di gettare ponti di dialogo con i lontani dalla fede, così che la Chiesa casalese potesse crescere come un solo gregge dietro all’unico Pastore, il Signore Gesù.
d)Il ricordo
Il ricordo del vostro Vescovo deve partire da questa luce di fede che ci ha dato la Parola di Dio, quella Parola che ha illuminato tutta la sua vita di uomo, di cristiano, di sacerdote e di vescovo.
e)Ricordiamo le sue doti di intelligenza. Non le ha tenute per sé, ma le ha messe al servizio del Regno di Dio:
f)dotato di una parola brillante ed immediata e di una eccezionale capacità di scrivere in modo accattivante, ha saputo davvero diffondere il Vangelo nella terra monferrina;
g)appassionato ed esperto di arte vedeva in essa l’espressione della bellezza di Dio: per questo ha profuso energie, senza risparmio, sia per i restauri come per il poderoso programma realizzato per il nono centenario del duomo;
h)capace di interpretare la pastorale come il saper stare in mezzo alla gente, sempre, con semplicità e giovialità, e questo non lo ha mai distolto dall’essere fortemente preoccupato di trasmettere a tutti i valori evangelici.
i)Ricordiamo il suo grande cuore di padre, fratello e amico di tutti, che è stato l’espressione più chiara della sua pastoralità:
j)Amico di tutti col suo sorriso spontaneo e sincero. Questo gli ha donato capacità di ascolto, di vicinanza alla gente e di attenzione a tutti, specialmente ai suoi sacerdoti e al suo Seminario.
k)Si è fatto vicino ad ogni situazione di vita delle persone: sia nei momenti di festa, come in quelli del dolore, della prova.
l)Si è immerso totalmente e con sincerità nella vita della Città e nei problemi del suo popolo, soprattutto dei poveri, nel confronto dei quali mai ha chiuso la mano e il cuore.
m)Voglio però anche ricordare la sua forza nel portare in silenzio le sofferenze e le croci sempre presenti nella vita di ciascuno e soprattutto in quella di un Vescovo. Anche don Germano ha avuto la sua dose di tribolazione, quella legata alla missione e complessa responsabilità di Vescovo, ma ha saputo interiorizzarla con quella fede che mai ha spento il sorriso e la giovialità del suo volto.
Conclusione
Ora con questa Eucaristia lo presentiamo al Padre e nello stesso tempo ci sentiamo da Lui presentati al Signore con la sua preghiera e con il suo affetto, che non ci vengono meno con la sua morte.
Condivido, insieme con tutti i miei confratelli Vescovi del Piemonte, la grande sofferenza della sua mamma, di suo fratello e di tutta la Chiesa casalese, dal grembo della quale è nato anche il mio sacerdozio.
Don Germano dava grande importanza ai segni e noi oggi possiamo constatare che tutta la sua vita si è snodata “nel segno di Maria”: la sua devozione alla Santa Pietà di Cannobio, dove era nato, il suo pellegrinare frequente ai santuari mariani, da Crea, cuore spirituale di questa sua Diocesi, a Lourdes e a Fatima. Fatima poi lo ha segnato in modo particolare: il suo sì alla chiamata all’episcopato lo pronunciò il 13 Maggio 1995, anniversario delle apparizioni di Maria ai tre pastorelli, e un altro sì, quello finale, l’ha detto martedì scorso, 20 Novembre, proprio a Fatima, quando la morte l’ha colto all’improvviso. Questa circostanza ci dona grande serenità al pensiero che la Vergine Maria in persona, da lui tanto amata e venerata, l’abbia preso per mano ed abbia voluto accompagnarlo lei stessa alla casa del Padre.
Carissimo Vescovo Germano, amico e fratello, ti pensiamo ormai per sempre felice davanti alla Santissima Trinità. Non dimenticarti di noi, di questa tua Chiesa di Casale, che hai amato e alla quale hai donato tutto te stesso dopo un lungo e generoso servizio offerto alla Chiesa sorella di Novara. A noi rimane ora il dovere di custodire nel cuore ed attuare nella vita i tuoi esempi ed insegnamenti, che hanno fatto segnare un passo avanti nel cammino di fede a questa cara Diocesi casalese. Ora riposa nella pace di Dio perché nella vita terrena hai corso e lavorato molto. Il tuo motto episcopale mai come oggi diventa per noi pieno di significato perché tratto da quella pagina di Luca che ci riferisce dell’incontro di Gesù con Zaccheo e che abbiamo letto nella Messa proprio nel giorno della tua morte: “Hodie salus facta est”, “Oggi la salvezza si è compiuta”. Il tuo “oggi”, il momento in cui per te la salvezza si è compiuta per sempre si è realizzato martedì scorso. Ora ti vogliamo dire un grazie grande e sincero, ma soprattutto il nostro grazie sale a Dio per il dono che ci ha fatto con la tua persona.

+ Severino Card. Poletto
Arcivescovo di Torino

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