L'Amore che si dona (Messa In Coena Domini 2007)

Questa grande liturgia che, la chiesa intitola “In Coena Domini” cioè come memoriale dell’Ultima cena del Signore Gesù, questa liturgia può essere anche intitolata come il capolavoro dell’amore.
Lo dice Giovanni stesso, introducendola nel suo vangelo, con quel solenne “incipit”.
“Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. (Gv 13,1).
Diciamo pure che questa solenne espressione è perfino sconvolgente.
Che cosa vuol dire che li amò fino alla fine? Solo fino alla fine dei suoi giorni terreni? Sarebbe poco per la solennità dell’incipit.
Sono alla fine, cioè- forse- fino all’estremo limite. Fino al massimo possibile. Fino all’esagerazione, forse?
Ecco qui c’è un amore sconfinato: senza fine, oltre ogni fine.
Vediamo perché, analizzando di segno in segno l’immensità di questo amore.
Il primo segno che ci viene offerto è quello che pure ripetiamo questa stessa sera: la lavanda dei piedi.
È il gesto con cui Gesù insegna agli apostoli il senso del servizio fraterno, illuminato dal suo gesto d’amore. Egli che è il Maestro e il Signore si china a lavare i piedi. “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. (Gv 13,15).
Ma poi Gesù va oltre.
C’è infatti un altro segno, quello che l’apostolo Paolo ci ha descritto nella seconda lettura.
Gesù prende il pane e il calice del vino per dire: corpo dato e sangue sparso offerto per tutti.
E ancora una volta, quasi con le stesse parole viene ribadito agli apostoli e a noi che “questo si deve fare in sua memoria”.
Ecco l’amore che si dona: quello di Gesù e quello dei discepoli se vogliono fare memoria di lui, imitandone l’esempio.
Per questo sappiamo che l’Evangelista Giovanni, continua nell’ambito della stessa cena un insegnamento inequivoco: “Amatevi come io vi ho amato” Tutti i discorsi, riferiti e collocati in quella ultima sera, sono improntati all’amore: all’amore “che si dona” proprio come dice l’Eucaristia che ha origine per noi da quella cena.
Il Papa ci ha scritto recentemente un’”esortazione apostolica”, si intitola “Sacramentium caritatis” che incomincia con questa stupenda pagina che io desidero collocare qui ad esemplare commento di questa nostra liturgia solenne.
“Sacramento della carità, la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore « più grande », quello che spinge a « dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Gv 13,1). Con questa espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico! (Sacramentium caritatis, n. 1)
Ecco: la meraviglia!
Meraviglioso è questo rito, proprio perché non deve essere visto come un trito, soltanto. Ma una verità: “Nessun rito, infatti, dispensa dall’amore” . Come ha scritto il grande poeta cristiano, Bernanos.
E ad amare ci spinge questa liturgia dominata dall’urgenza di amare.
Il Papa, che ci ha scritto la sua prima enciclica proprio sull’amore, lega profondamente all’Eucaristia il comandamento stesso dell’amore.
Scrive infatti: Nel culto stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stesso frammentata. Reciprocamente il comandamento dell’amore ” diventa possibile perché non è soltanto esigenza: l’amore può essere “comandato” perché prima è donato.
Ecco il centro della nostra attuale liturgia: l’amore che si dona.
È quello di Gesù che svela pienamente l’amore del Padre Creatore e che offre, nella sua piena donazione di sé fino ala croce, il modello supremo dell’amore che si dona: “fino alla fine” .
E questo deve essere anche l’amore del discepolo “Amatevi come io vi ho amato”.
Comando impegnativo e quasi inarrivabile se non ci fosse il suo esempio: “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi” (GV 13.15)

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