Cuore di padre e pastore, spirito di pellegrino, talento di comunicatore, passione per la bellezza. È il vescovo di Casale Monferrato, Germano Zaccheo, come emerge dall’omelia dell’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, e dalla trama di testimonianze e di messaggi che sono risuonati nella cattedrale di Sant’Evasio, gremita ieri pomeriggio per il funerale del presule prematuramente scomparso la sera di martedì 20 novembre mentre era a Fatima. Non solo il Duomo: anche la centralissima piazza Mazzini e la grande chiesa di San Domenico – dove erano allestiti due maxischermi – erano affollate. Migliaia i partecipanti, sommando quanti si sono recati in uno dei tre luoghi predisposti per accogliere quanti volevano dare un ultimo saluto a Zaccheo. Basta questo a suggerire l’affetto della gente di Casale per il vescovo che li ha guidati dal 1995. Ma non ci sono solo i casalesi: c’è chi viene da altre diocesi, prima di tutto Novara, la Chiesa dove Zaccheo è nato e ha vissuto tutto il suo intenso servizio sacerdotale prima della nomina episcopale. Da parte di tutti una partecipazione intensa e misurata, quell’intrecciarsi di dolore e gratitudine che dà profondità alla sofferenza e misura al suo manifestarsi. Così è stato il rito in Sant’Evasio, iniziato intorno alle 15. Una trentina i vescovi concelebranti; fra loro quelli del Piemonte, inclusi alcuni emeriti. Duecento i sacerdoti: i più di Casale, altri da Novara, altri ancora da più lontano. Come il prete giunto da ForlìBertinoro, la diocesi romagnola che lo scorso agosto ospitò la de- legazione casalese in «marcia» verso l’Agorà dei giovani di Loreto. Ci sono preti presenti per il legame di Zaccheo con il mondo dei pellegrinaggi: come monsignor Franco Degrandi, presidente emerito dell’Oftal (Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes), a Fatima nei giorni scorsi proprio insieme al vescovo di Casale; altri invece, come monsignor Luigi Mistò, per l’impegno che Zaccheo aveva con il «Sovvenire» e l’incarico di presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. Quando le porte del duomo vengono aperte, attorno alle 13,30, ci sono già centinaia di persone, fuori, in attesa. La bara con la salma di Zaccheo è ai piedi del presbiterio. Nel primo banco la mamma del vescovo, Rita, il fratello Donato e due nipoti. Nelle due file di sedie immediatamente a destra e a sinistra della bara, i sacerdoti ordinati da Zaccheo: gli stessi che sabato avevano accolto il feretro giunto dal Portogallo e l’avevano portato in duomo. Il saluto iniziale è affidato all’amministratore diocesano, monsignor Antonio Gennaro. A lui il compito di tracciare un ritratto spirituale, pastorale e umano del vescovo morto a 73 anni d’età; a lui il compito di ricordare l’«innata cordialità» insieme all’«autorevole magistero» di Zaccheo, il suo saper essere per ben dodici anni «guida sicura» della comunità casalese, la sua devozione a Maria, i suoi rapporti con i sacerdoti, i religiosi, i laici; l’impegno per i poveri e per la tutela della vita. Ma anche per il restauro e la rinascita della cattedrale, nel nono centenario della sua consacrazione. «Il Vangelo di oggi ci ha suggerito di ripensare la vita del vescovo Germano come l’immagine viva di Gesù Buon pastore – commenterà poi il cardinale Poletto nell’omelia –. Come Gesù, egli ha offerto a voi tutto se stesso, vi ha conosciuti, chiamati per nome e voi l’avete seguito – prosegue il porporato, rivolgendosi alla gente di Casale –. Insieme con lui avete camminato in questi dodici anni crescendo nella comunione e nel reciproco affetto spirituale e cercando di gettare ponti di dialogo con i lontani dalla fede, così che la Chiesa casalese potesse crescere come un solo gregge dietro all’unico pastore, il Signore Gesù ». A questo punto Poletto offre il suo ritratto di Zaccheo, dando voce al proprio cuore e al cuore di un’intera Chiesa in lutto. Ricorda «le sue doti di intelligenza, messe a servizio del Regno di Dio»; «la sua parola brillante e immediata e l’eccezionale capacità di scrivere in modo accattivante», grazie alle quali «ha saputo diffondere il Vangelo in terra monferrina». «Appassionato ed esperto d’arte, vedeva in essa l’espressione della bellezza di Dio»: ma se ha profuso tanto impegno per il restauro della cattedrale, non è stato solo per senso di responsabilità verso un mirabile edificio storico «ma per far crescere la santità di una Chiesa», la «bellezza spirituale» del popolo di Casale. Vera «dimora di Dio fra gli uomini», cara al suo «grande cuore di padre, fratello e amico di tutti». Migliaia di fedeli ieri hanno dato l’ultimo saluto al vescovo di Casale Monferrato Poletto: «Ha messo la sua intelligenza a servizio del Regno»
(Lorenzo Rosoli, "Avvenire" di martedì 27/11/2007)
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