Il Vangelo della Speranza (Sant'Evasio 2005)

L’assemblea qui riunita è un’eloquente icona della nostra chiesa casalese, radunata attorno al suo santo patrono, Evasio, nell’annuale solenne ricorrenza della festività patronale.
“Voi siete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es. 19,6).
L’espressione con cui, nell’antico libro dell’Esodo è definito il popolo che Dio si è scelto, è illuminante anche per questo popolo di Dio che siamo noi.
Questa antica immagine rieccheggia nella Prima Lettera di Pietro che fa da sfondo alla nostra celebrazione è sarà ripresa in tutte le celebrazioni festive di domani, quando si celebrerà la solennità liturgica di ogni chiesa locale diocesana.
In essa sono dette parole di grande qualità per la definizione della nostra immagine di Chiesa: vi è presente l’icona della pietra viva che è Cristo attorno alla cui solidità si stringono le altre pietre vive, che siamo noi in un “edificio” santo di cui lo splendore di questo Duomo è commovente riflesso.
“Voi – scrive Pietro alle comunità cristiane colpite dalla persecuzione- Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale , la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce”. (I Pt 2,8-9).
Ecco uno squarcio di luce sulla realtà di ogni Chiesa e, dunque, di questa nostra Chiesa che, radunata nella festa del santo Patrono, ribadisce la sua coscienza di un’identità ammirabile e meravigliosa.
Siamo noi questa nazione santa, questa stirpe eletta, questo popolo chiamato a proclamare le opere meravigliose che Dio ha operato, per mezzo di Cristo.
Proclamare le opere, anzi, le meraviglie di Dio è l’equivalente di ciò che, secondo gli Atti degli Apostoli, fecero Pietro e gli altri, sulla piazza di Gerusalemme nel giorno luminoso della Pentecoste.
Ricordate che le loro parole di pescatori galilei risuonarono in tutte le lingue per annunciare “le meraviglie di Dio”.
Coloro a cui Gesù, prima di salire al cielo, aveva dato l’incarico di essere suoi “testimoni”, nella forza dello Spirito, subito si erano impegnati ad annunciare il Vangelo alle genti.
Cosi le “meraviglie di Dio” sono testimoniate da quel giorno glorioso, attraverso la grande proclamazione del Vangelo di Gesù, la vera, grande “meraviglia di Dio”.
È l’evangelista Marco che ci rievoca quel folgorante inizio, accostando la primissima predicazione di Gesù “credete al Vangelo!”) con la chiamata dei primi apostoli lungo le rive del lago di Galilea.
Essi che da pescatori di lago sono chiamati a farsi “pescatori di uomini” segnano l’inizio di quel secolare compito affidato alla Chiesa che chiamiamo giustamente l’evangelizzazione.
Dunque, facciamo mente locale a questa scena che Marco mette a fuoco con forza icastica: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio”(Mc 1,1).
È da questo inizio che nasce per gli apostoli d’allora e per la chiesa di oggi l’urgenza del Vangelo, un Vangelo da accogliere, annunciare, e testimoniare nei secoli.
Evasio venne tra noi da terre lontane, spinto da questa urgenza che oggi comunica a noi, radunati nel suo ricordo, attorno a Gesù, il Vangelo vivente.
È ancora l’apostolo Pietro che nella sua prima lettera ci consegna questo messaggio: “Adorate il Signore, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. (I Pt. 3,15).
Il Vangelo della speranza, dunque.
Convocando il Convegno ecclesiale dell’ottobre 2006 a Verona, i vescovi italiani ci hanno impegnati ad essere “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”.
E noi vogliamo legare a questo impegno il nostro anno pastorale che prende solenne avvio in questa celebrazione patronale.
Come sapete, stiamo preparandoci ad un grande avvenimento: nel 2007 sarà il IX centenario di questo Duomo secolare: è un simbolo questa chiesa che da nove secoli sta nel cuore della città.
È un simbolo della chiesa di pietre vive che siamo noi, popolo santo chiamato a stare in mezzo alla città degli uomini come un segno perenne di speranza.
“La speranza- scrivono i vescovi italiani nel Documento preparatorio del Convegno ecclesiale di Verona- la speranza è un bene fragile e raro e il suo fuoco è sovente tenue anche nel cuore dei credenti..... (n. 2).
E aggiungono: “La proclamazione della speranza della Resurrezione di Gesù riveste oggi particolare significato per dare forza e vigore alla testimonianza.
In un tempo dominato dai beni immediati e ripiegato sul frammento, i cristiani non possono lasciarsi omologare alla mentalità corrente, ma devono seriamente interrogarsi sulla forza della loro fede nella Risurrezione di Gesù e nella speranza viva che portano con sè”. (n. 2)
Siamo qui per questo, all’inizio di un anno che abbiamo voluto dedicare al Vangelo e al Vangelo di Marco che in queste settimane vorremo consegnare a tutte le nostre famiglie come messaggio di speranza.
Simbolicamente io lo consegno al termine di questa solenne assemblea ai sacerdoti e alle autorità quasi consegnandolo alla comunità ecclesiale e civile della nostra terra.
Il Vangelo: ecco la nostra speranza.
Avete notato che i vescovi italiani chiedono ai credenti di farsi “testimoni”: Evasio è martire, proprio nel senso etimologico della testimonianza.
Ma quale testimonianza?
Duplice: della fede in Gesù Risorto e della speranza che nasce dalla sua Pasqua.
Certo, il mondo in cui viviamo ha un bisogno lancinante di speranza.
Anche la nostra terra e la nostra città. Molti segnali ce lo dicono, talora con accenti drammatici.
Ma non voglio indulgere al pessimismo, proprio in questo giorno di festa.
Basti questo accenno al bisogno di speranza che traluce da tante situazioni: dall’ansia giovanile alle incertezze sul futuro, dalle paure per immigrazioni selvagge, all’insicurezza sul domani.
È sintomatico- e lodevole- che nella nostra città si cominci ad interrogarsi sulla Casale del 2015 e cioè a domandarsi che cosa sarà della nostra vita cittadina fra dieci anni.
Dobbiamo guardare avanti con realismo, ma anche con speranza.
Attribuisco a questo orizzonte anche l’impegno della mia Terza Visita Pastorale che indìco proprio oggi nella festa del santo Patrono.
Consegnando ai Vicari Foranei il decreto di indizione della Visita che sarà letto al termine di questa celebrazione, intendo impegnare me stesso e la nostra comunità ecclesiale proprio a questo: dare testimonianza della speranza che è in noi.
Incomincio dalla città che visiterò lungo questa annata pastorale, augurandomi di trovare nelle parrocchie e nelle aggregazioni laicali la piena e solidale collaborazione sia alla lettura del nostro momento sociale e pastorale sia all’auspicabile prospettiva della nuova evangelizzazione che urge, anche nella nostra esperienza locale.
Siamo debitori a questa città e a questo territorio della nostra incondizionata dedizione.
Diremo anche noi come l’apostolo Pietro allo storpio della “Porta bella” del tempio di Gerusalemme :
Non ho né oro, né argento: quello che ho te lo dò: nel nome di Gesù Nazareno, alzati e cammina!”. (Atti, 3,6).
Ma detto questo, sempre secondo il racconto degli Atti: “Pietro lo prese per la mano destra e lo aiutò ad alzarsi”. (Atti, 3,7).
È questo il senso della nostra Visita Pastorale alla città e della festa patronale che oggi celebriamo: stendere la mano alla città e aiutarla ad alzarsi.
Non che pretendiamo di compiere miracoli o di presentarci come orgogliosi interpreti della vita cittadina.
Sappiamo infatti che ci mancano con “l’oro e l’argento”, anche tanti mezzi umani di scienza, di potenza, di qualità e di forza.
Ma abbiamo “Gesù Risorto, speranza del mondo”.
Stretti attorno a lui “pietra viva” vogliamo essere in grado di rendere a tutti ragione della speranza che è in noi.
Sant’Evasio, testimone antico e sempre nuovo, ci sorregga e ci sproni.
Il pane benedetto che in suo nome distribuiamo sia segno della fraterna condivisione di speranza che offriamo alla nostra gente, nel suo nome e nel suo ricordo.
Così sia.

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