Casale piange il suo pastore: «Maestro e amico»

Aveva da poco concluso l’anno dei festeggiamenti per il no­no centenario della fondazio­ne del Duomo di Sant’Evasio, un e­vento ecclesiale di grande intensità che aveva acceso il suo entusiasmo e la sua passione. Martedì sera è spira­to a Fatima, dove si era recato, pelle­grino, per invocare la Vergine e met­tere sotto la sua protezione l’anno ma­riano indetto dall’8 dicembre prossi­mo. Oggi l’intera diocesi casalese piange la morte del suo vescovo, Ger­mano Zaccheo, esprimendo tuttavia il ringraziamento al Signore per aver da­to alla Chiesa locale un sincero mae­stro di fede, una guida ricca di grazia, un vincolo di comunione fraterna. Nel suo ministero episcopale, Zaccheo ha saputo entrare con la sua innata cordialità nel cuore di tutti: con deli­cata discrezione, con sempre attenta capacità di ascolto, con affettuosa par­tecipazione alla vita di ciascuno, con stimolante ansia pastorale. La rispo­sta dei fedeli di Casale fu altrettanto intensa: gli hanno sempre voluto profondamente bene e hanno visto in lui «l’Apostolo del Signore» inviato al­la Chiesa casalese e il Buon Pastore che guida con mano sicura il suo po­polo verso «la gioia e la pace nella fede». Il suo autorevole magistero epi­scopale, ricco di cultura e di grazia, ha donato instancabilmente la Parola di Dio mediante la predicazione omile­tica, una ricchezza di riferimenti al Concilio, un impegno e stimolo al­l’aggiornamento sempre attenti e profondi, profusi nel corso di innu­merevoli incontri e in un’infaticabile peregrinazione in tutte le parrocchie della diocesi. «Nel dono di sé alla Chiesa casalese – sottolinea l’amministratore diocesa­no monsignor Antonio Gennaro – monsignor Germano ci ha dato tutta la misura del suo amore a Cristo e ai fratelli; lo abbiamo ben compreso noi sacerdoti, che in tante occasioni go­diamo delle primizie delle sue pater­nità spirituale; i religiosi e le religiose da lui sempre stimolati ad essere se­gno di perfezione evangelica; i giova­ni, che costantemente hanno trovato nel vescovo una particolare capacità di comprensione; il laicato, uomini e donne chiamati sempre più ad una piena promozione nella corresponsa­bilità pastorale; la società civile, che lo ha visto sempre presente in ogni e­vento significativo. La sua profonda devozione a Maria Santissima, e i suoi numerosissimi pellegrinaggi a Lour­des con l’Oftal, la sua predilezione per i più deboli, il sostegno appassionato al Movimento per la Vita, l’affetto per gli anziani, gli ammalati e i poveri, il suo impegno per la pastorale dei gio­vani e il continuo sostegno e accom­pagnamento ai pellegrinaggi diocesa­ni della Peregrinantes danno la misu­ra di un cuore grande che ha amato tanto. La Diocesi che ha vissuto con monsignor Zaccheo l’impegno straor­dinario per il grandioso restauro del­la Cattedrale e le celebrazioni del­l’Anno Santo del 2000, del Centenario di Sant’Evasio del 2003 e del IX Cen­tenario della consacrazione della Cat­tedrale 2007, piange l’amato pastore che non si è mai risparmiato per il be­ne della nostra Chiesa. Tutto ciò lascia un segno indelebile della sua presen­za nella nostra diocesi». Zaccheo credeva ai «segni». Lo ha sempre detto. E la sua stessa morte è un «segno». È infatti spirato proprio nel giorno in cui il Vangelo della Mes­sa era quello della chiamata di Zac­cheo da parte del Signore. Ed è mor­to a Fatima a «casa di Maria», al San­tuario per il 90° delle apparizioni, in un pellegrinaggio con l’Oftal e alla vi­gilia della memoria liturgica della Pre­sentazione della Beata Vergine al Tem­pio. Questa festa religiosa è impor­tante non solo perché in essa viene commemorato uno dei misteri della vita di Maria che Dio ha scelto come Madre del suo Figlio e come Madre della Chiesa, ma soprattutto perché ricorda anche la «presentazione al Pa­dre Celeste di Cristo» e di tutti i cri­stiani. Zaccheo aveva confidato di aver ac­cettato la nomina a vescovo proprio il 13 maggio 1995, dicendo un sì soffer­to «mentre riecheggiava nella mia me­moria – scrisse – l’eco di Fatima e l’im­magine dolce di Maria donna obbe­diente e fedele». Che l’ha accolto nel­l’eterna liturgia del Cielo.
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(di Paolo Busto, "Avvenire" del 22 novembre 2007)

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