Presentazione della riedizione del libro "La croce sul Monferrato durante la bufera" di mons. Giuseppe Angrisani da parte di mons. Germano Zaccheo durante la commemorazione per i 60° anniversario dell'eccidio della Banda Tom (gennaio 2005)
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“Questo minuscolo libretto, che il settimanale Diocesano “Vita Casalese” ha recentemente ripubblicato, è una testimonianza che ci viene da lontano. Da quegli anni, da quel giorno: 60 anni fa. Il racconto di P. Allara, a proposito delle ultime ore dei ragazzi della banda Tom, è un documento carico di emozioni. Ancora oggi, rileggendolo, pare di condividere timori, ansie, raccapriccio di chi scrive: un buon sacerdote testimone di una grande tragedia.
All'interno dello scarno e commosso racconto v'è un accenno al Vescovo Angrisani.
Ed è proprio di Mons. Angrisani, vescovo di quei tempi di bufera, gran parte del testo che viene ripubblicato. Il documento, infatti, è diviso in quattro parti: le prime due sono della penna di questo nostro amato Vescovo. Egli descrive, con vivezza di particolari e con grande partecipazione, due avvenimenti di quell’autunno di ormai oltre 60 anni fa.
Il primo si intitola “Via Crucis a Villadeati” e racconta, in presa diretta, l'eccidio dell’eroico parroco Don Ernesto Camurati e di dieci capifamiglia di quella comunità:
Il secondo racconta “I fatti di Ozzano” ed indulge in tanti commoventi particolari fino alla professione di fede nella protezione della Madonna di Crea.
Vi è poi una terza parte dedicata a rapide informazioni su molte vicende di tanti paesi del Monferrato nella bufera, con la messa a fuoco della presenza coraggiosa di tanti parroci e sacerdoti monferrini che seguivano le orme del loro coraggioso Vescovo.
Infine le pagine di padre Allara a cui ho fatto cenno a proposito della banda Tom che stiamo ricordando. La ripubblicazione dell'opera è un contributo prezioso in questi mesi in cui ricordiamo i 60 anni da quegli avvenimenti. Anzi posso anticipare questa notizia: è intenzione mia e della Diocesi, nell’imminenza del prossimo 25 aprile, convocare un'assemblea per ricordare la figura e l'opera di Mons. Angrisani, Vescovo di Casale per oltre trent’anni. Nel lungo suo ministero si inseriscono, come perla preziosa, gli anni del suo appassionato e coraggioso impegno per le sue amate popolazioni monferrine “durante la bufera”, come egli dice nel titolo del testo autobiografico. Mons. Angrisani merita questa celebrazione a 60 anni da quegli avvenimenti: perché non sia trascurata la memoria della sua opera e di quella dei suoi preti, dei quali uno, Emesto Camurati, ha dato la vita come buon pastore.
C'è una pagina di Mons. Angrisani che voglio qui leggere, per dare alla figura di questo nostro Padre e Pastore il giusto rilievo. Mentre racconta le trattative per liberare degli ostaggi al fine di evitare che Ozzano venga messa a ferro e fuoco, Mons. Angrisani fa questa geniale osservazione:
"Tra il Gambarello e Cerrina trovo un buon nerbo di Partigiani comandati dal comandante Ronco. Mi fermo e riferisco esortando il Capo e i suoi gregari a voler evitare una difesa impossibile ed una inutile strage a danno delle nostre popolazioni. Ronco trattò cortesemente e assicurò che i suoi si sarebbero spostati in modo da non dare noie né provocare rappresaglie.
Forse è a questo incontro che si riferisce lo scrittore di un foglio socialista, il quale – mi fu riferito - tempo fa, raccontando l'incontro del Vescovo con i Partigiani, scrisse che il Vescovo li aveva esortati a tornare alle loro case e che essi avevano risposto: "Monsignore, voi badate a fare il Vescovo e lasciate che noi facciamo i Partigiani" .
Ora, può darsi benissimo che così abbiano detto dopo la mia partenza; ma a me personalmente in faccia, queste parole non le hanno dette mai. Se anche, però me le avessero dette, esse avrebbero servito magnificamente ad inquadrare l'azione del Vescovo nei suoi giusti termini.
Poiché il Vescovo, come tutti gli altri Vescovi di questa disgraziata Italia Settentrionale, divisa fra fratelli e insanguinata da stragi fratricide, non aveva assolutamente la minima intenzione di parteggiare per l'una o per l'altra parte, ma badava unicamente a compiere il suo dovere di Pastore, che esigeva da Lui ogni cura per evitare lutti, rovine e danni alle popolazioni.
Affermare - come ha affermato, in piena buonafede e credendo di fare un piacere a me, "il Popolo Nuovo" alcuni mesi fa, che io mi muovevo anche di notte, fingendo di far la Visita Pastorale, ma in realtà per aver modo di mettermi in contatto coi Capi Partigiani, è affermare una cosa del tutto falsa, offensiva del buon nome del Vescovo e assolutamente aliena della sua missione imparziale di pacificazione" .
Ecco, la pacificazione.
Giustamente fu applicata in quei tempi ai molti vescovi (e ricordo con commozione il Vescovo di Novara, Mons. Leone Ossola, Cappuccino intrepido) la parola della Bibbia, “In tempore iracundiae, factus est reconciliatio", "Nel tempo dell'ira, Egli divenne riconciliazione".
Nulla di più vero e significativo possiamo dire anche oggi del fedele ed intrepido Vescovo Angrisani.
All'interno dello scarno e commosso racconto v'è un accenno al Vescovo Angrisani.
Ed è proprio di Mons. Angrisani, vescovo di quei tempi di bufera, gran parte del testo che viene ripubblicato. Il documento, infatti, è diviso in quattro parti: le prime due sono della penna di questo nostro amato Vescovo. Egli descrive, con vivezza di particolari e con grande partecipazione, due avvenimenti di quell’autunno di ormai oltre 60 anni fa.
Il primo si intitola “Via Crucis a Villadeati” e racconta, in presa diretta, l'eccidio dell’eroico parroco Don Ernesto Camurati e di dieci capifamiglia di quella comunità:
Il secondo racconta “I fatti di Ozzano” ed indulge in tanti commoventi particolari fino alla professione di fede nella protezione della Madonna di Crea.
Vi è poi una terza parte dedicata a rapide informazioni su molte vicende di tanti paesi del Monferrato nella bufera, con la messa a fuoco della presenza coraggiosa di tanti parroci e sacerdoti monferrini che seguivano le orme del loro coraggioso Vescovo.
Infine le pagine di padre Allara a cui ho fatto cenno a proposito della banda Tom che stiamo ricordando. La ripubblicazione dell'opera è un contributo prezioso in questi mesi in cui ricordiamo i 60 anni da quegli avvenimenti. Anzi posso anticipare questa notizia: è intenzione mia e della Diocesi, nell’imminenza del prossimo 25 aprile, convocare un'assemblea per ricordare la figura e l'opera di Mons. Angrisani, Vescovo di Casale per oltre trent’anni. Nel lungo suo ministero si inseriscono, come perla preziosa, gli anni del suo appassionato e coraggioso impegno per le sue amate popolazioni monferrine “durante la bufera”, come egli dice nel titolo del testo autobiografico. Mons. Angrisani merita questa celebrazione a 60 anni da quegli avvenimenti: perché non sia trascurata la memoria della sua opera e di quella dei suoi preti, dei quali uno, Emesto Camurati, ha dato la vita come buon pastore.
C'è una pagina di Mons. Angrisani che voglio qui leggere, per dare alla figura di questo nostro Padre e Pastore il giusto rilievo. Mentre racconta le trattative per liberare degli ostaggi al fine di evitare che Ozzano venga messa a ferro e fuoco, Mons. Angrisani fa questa geniale osservazione:
"Tra il Gambarello e Cerrina trovo un buon nerbo di Partigiani comandati dal comandante Ronco. Mi fermo e riferisco esortando il Capo e i suoi gregari a voler evitare una difesa impossibile ed una inutile strage a danno delle nostre popolazioni. Ronco trattò cortesemente e assicurò che i suoi si sarebbero spostati in modo da non dare noie né provocare rappresaglie.
Forse è a questo incontro che si riferisce lo scrittore di un foglio socialista, il quale – mi fu riferito - tempo fa, raccontando l'incontro del Vescovo con i Partigiani, scrisse che il Vescovo li aveva esortati a tornare alle loro case e che essi avevano risposto: "Monsignore, voi badate a fare il Vescovo e lasciate che noi facciamo i Partigiani" .
Ora, può darsi benissimo che così abbiano detto dopo la mia partenza; ma a me personalmente in faccia, queste parole non le hanno dette mai. Se anche, però me le avessero dette, esse avrebbero servito magnificamente ad inquadrare l'azione del Vescovo nei suoi giusti termini.
Poiché il Vescovo, come tutti gli altri Vescovi di questa disgraziata Italia Settentrionale, divisa fra fratelli e insanguinata da stragi fratricide, non aveva assolutamente la minima intenzione di parteggiare per l'una o per l'altra parte, ma badava unicamente a compiere il suo dovere di Pastore, che esigeva da Lui ogni cura per evitare lutti, rovine e danni alle popolazioni.
Affermare - come ha affermato, in piena buonafede e credendo di fare un piacere a me, "il Popolo Nuovo" alcuni mesi fa, che io mi muovevo anche di notte, fingendo di far la Visita Pastorale, ma in realtà per aver modo di mettermi in contatto coi Capi Partigiani, è affermare una cosa del tutto falsa, offensiva del buon nome del Vescovo e assolutamente aliena della sua missione imparziale di pacificazione" .
Ecco, la pacificazione.
Giustamente fu applicata in quei tempi ai molti vescovi (e ricordo con commozione il Vescovo di Novara, Mons. Leone Ossola, Cappuccino intrepido) la parola della Bibbia, “In tempore iracundiae, factus est reconciliatio", "Nel tempo dell'ira, Egli divenne riconciliazione".
Nulla di più vero e significativo possiamo dire anche oggi del fedele ed intrepido Vescovo Angrisani.
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