Un vescovo per la Vita

Non troviamo una definizione migliore per ricordare il nostro carissimo vescovo, Mons. Germano Zaccheo, che ci ha lasciati improvvisamente orfani il 20 novembre scorso. Noi del Movimento per la Vita e del Centro di Aiuto alla Vita ci sentivamo — ed eravamo — particolarmente amati e seguiti da lui, che ci sosteneva nella difficile battaglia per la difesa della vita.
Ho partecipato alla veglia funebre, dove in tanti hanno portato una breve testimonianza: ciò che accomunava i vari ricordi è il fatto che ognuno, come noi, si sentiva un po’ ‘il prediletto’, e davvero era così. Di fronte a mons. Germano ci si sentiva amati in modo unico. Sapeva amare da Dio!
Ma noi lo ricordiamo “per la vita”. Camminatore instancabile, in testa alle fiaccolate del 25 marzo, quando salivamo il monte di Crea pregando con lui; allegro compagno di tavola alle nostre cene sociali; prezioso consigliere nei colloqui quasi mensili che ci concedeva; amico e collaboratore convinto delle nostre varie iniziative; profeta di fuoco quando nelle sue omelie alzava la voce per denunciare gli innumerevoli delitti commessi con l’aborto e la fecondazione artificiale.
Difficilmente perdeva l’occasione di inserire nei suoi discorsi, articoli e omelie il tema della vita, con coraggio unico, in modo opportuno e non opportuno. Spesso parlava a braccio, per cui ci siamo persi molti di questi interventi. Ricordo un episodio particolare, alla fine della processione solenne del Corpus Domini nel 2004: era un giugno caldissimo e l’aria era invasa di zanzare; rientriamo in duomo, mons. Zaccheo appoggia con delicatezza l’ostensorio sull’altare e si inginocchia in silenzio. A quel punto ci si aspettava una bella preghiera di adorazione, e invece il vescovo comincia a tuonare contro la appena approvata legge 40 sulla fecondazione artificiale. Non ricordo le sue parole, solo la sua voce che risuonava forte nelle navate. Non sentivo più zanzare, stanchezza e caldo, ma solo la fierezza di essere ‘figlia’ di un vescovo tanto coraggioso.

Non ricordo, dicevo, le parole di quella sera, ma più volte mons. Zaccheo è intervenuto sull’argomento. Ad esempio nel 2005: tutti ricordiamo il referendum proposto per abolire la legge 40, referendum fallito per l’astensione di massa proposta da tutte le parti cattoliche. Anche noi, naturalmente, ci siamo schierati per l’astensione, ma mettendo bene i puntini sulle ‘i’: giudichiamo questa legge iniqua e falsa, perché permette la produzione dell’uomo, ma non vogliamo che venga ulteriormente peggiorata. Il fallimento del referendum provocò reazioni di esultanza in tutto lo schieramento cattolico. Alcuni titoli di giornali inneggiavano addirittura alla vittoria dell’embrione e della vita.
L’unica voce fuori dal coro è stata quella del nostro vescovo, con un forte articolo pubblicato dal settimanale diocesano “La vita casalese”, dal titolo: “C’è poco da esultare”. Vista la brevità del testo, vale la pena riportarlo integralmente.

La voglia, a botta calda, sarebbe quella di esultare. In presenza della valanga di astensioni la legge 40 è salva. Contro tutte le falsificazioni, le mistificazioni, gli imbonimenti dei referendum sostenuti (guarda caso!) da quasi tutta la stampa che conta, la gente ha capito e non è andata alle urne. Intanto perché non era né una partita di calcio, né un gran premio dove c’è chi vince e chi perde. E gli uni esultano e gli altri recriminano. No. Non abbiamo né il diritto né la voglia di esultare. E la ragione è semplice. Perché la vita non ha vinto e l’embrione è ancora esposto (magari un po’ meno) a vergognose manipolazioni. Abbiamo sempre detto che la legge 40 oltre a non essere perfetta (ci sono leggi perfette?) è anche un po’ tartufesca, frutto di non sempre limpidi aggiustamenti. Ciò che serve alla vita è una difesa senza se e senza ma. Noi dobbiamo testimoniare con franchezza che nessuno può mettere le mani sulla vita nascente, fin dal primo istante del concepimento, la vita umana è intangibile.
La vita umana in qualunque stadio essa si trovi non può essere manipolabile neppure con buone finalità. La vita c’è. La vita non si tocca. Pretendere di fabbricarla artificialmente è una sfida prometeica destinata alle peggiori conseguenze: chi potrà fermare l’onnipotenza della tecnologia una volta aperta la porta alla fabbricazione artificiale di un embrione? Ecco perché non esultiamo. Né potremo farlo. Piuttosto, invece di una fatua esultanza, occorre rimboccarsi le maniche e proseguire l’impegno per la vita. Un impegno duro, controcorrente e contromoda. Chi, come noi, ha scelto di riconoscere l’intangibilità della vita umana in qualunque stadio essa si trovi, non può adagiarsi su qualche buono spiraglio della legge 40 che pure abbiamo difeso dal peggio con l’astensione. A noi incombe l’onere della testimonianza per la vita, ripeto senza se e senza ma” come alcuni dicono a proposito della pace. Anche noi siamo per la pace, ma contemporaneamente siamo per la vita. Diversamente da altri. Di qui in avanti, la strada che era già, per noi, in salita, diventa di sesto grado. Ma non ci arrenderemo. Rileggeremo con commozione le parole profetiche di Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium vitae” . E saremo in compagnia di tutti coloro che, anche se non per motivazioni religiose, condividono con noi l’assoluto rispetto per l’uomo, i suoi diritti, la sua dignità, il suo destino. Come ha detto a noi vescovi italiani Benedetto XVI: “Non è questa una questione cattolica”. Sono in ballo i diritti dell’uomo. Ed ogni coscienza onesta non può non riconoscerli.

Anche un altro articolo del 19-02-2004 era molto forte e chiaro fin dal titolo “Giù le mani!”, riprendeva il tema della Fivet:

“Occorre dire ben chiaro che qualunque fecondazione artificiale extracorporea (la questione dell’omologa e dell’eterologa è secondaria, anche se importante) comporta sistematicamente l’eliminazione di numerosi embrioni umani e perciò è di per sé occisiva. Non è infatti possibile fare fecondazione artificiale senza sacrificare embrioni umani. Né vale la scusa che anche in natura ciò avviene. Solo una coscienza farisaica e ipocrita può utilizzare un tale argomento”.

E poco più sotto, analizzando le statistiche dell’aborto in Piemonte, riprendeva:

“Bisognerà aprire gli occhi anche sul fenomeno dell’aborto a cui, drammaticamente, stiamo un po’ tutti abituandoci, creando così quel clima di indifferenza culturale nei confronti di un esecrando delitto, che è poi il brodo di coltura da cui nasce la mentalità generalizzata, incline a considerare la pratica dell’aborto come qualcosa di ineluttabile”.

A conclusione riportava alcuni pensieri di Norberto Bobbio per dimostrare che “è ora di smetterla di far credere alla gente che sui temi della vita debba esserci opposizione fra laici e cattolici”.
Quante volte l’abbiamo sentito ribadire questo concetto! Ad una veglia con i giovani fidanzati in duomo aveva affermato chiaramente che (cito a memoria) “non è necessario essere credenti per difendere la vita, basta essere uomini!”
Stiamo lavorando per raccogliere tra i suoi scritti i passi più significativi sui temi della difesa della vita, e sono davvero tanti! Speriamo di riuscire a mettere insieme una piccola pubblicazione, in modo che questo prezioso materiale non cada nel dimenticatoio.
Come volontari del Movimento per la Vita e del Centro di Aiuto alla Vita abbiamo anche deciso di sottoscrivere una adozione prenatale a distanza con il Progetto Gemma, a nome di Mons. Zaccheo, così che il suo amore per la vita nascente si perpetui in qualche modo anche in un bimbo strappato all’aborto.

Elena Baldini
Assistente Pastorale per la vita

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