Resoconto per Vita Casalese del Pellegrinaggio 1999

Una immagine della Madonna di Lourdes, benedetta alla Grotta, sarà inviata a Dassa, in Benin, dove sorge il più importante santuario mariano di quella nazione e dove operano pastoralmente le suore "Figlie di N.S. di Lourdes" fondate a Casale dal Vescovo Gavotti e dall'indimenticabile Giovannina Mazzone.
È un gesto che l'Oftal di Casale ha voluto duplicare, avendolo già compiuto due anni fa in favore della Parrocchia dedicata alla Madonna di Lourdes nella città di Neuquèn dove è parroco il nostro don Italo Varvello.
Così in ambedue le località "missionarie" dove è impegnata la nostra chiesa diocesana (Benin in Africa e Neuquèn in America Latina) abbiamo inviato un "segno": piccolo e modesto segno religioso che però esprime un comune legame al messaggio di Lourdes.
Apro con questo gesto, perchè, pur apparendo come un piccolo seme, è a suo modo significativo della tensione missionaria che abbiamo messo a fuoco in questo pellegrinaggio.
La questione missionaria è infatti, alle soglie del terzo millennio cristiano, forse la questione più drammatica della nostra pastorale.
Il pellegrinaggio lourdiano ha avuto quest'anno una serie di "novità" che, congiunte insieme, lo hanno decisamente caratterizzato in senso missionario, appunto.
La "novità" più macroscopica sono stati i 220 giovani accompagnati a Lourdes, in gran parte per la prima volta.
Altri ne parleranno, ma a me sembra di poter dire che questo gesto generoso e coraggioso che l'Oftal casalese ha saputo inventare e realizzare è il segno che si vogliono allargare i confini e aprire la tenda: non per conquistare nuovi adepti, ma per ampliare l'orizzonte e offrire, al più largo raggio possibile, una occasione straordinaria di incontro ecclesiale e spirituale.
Queste "frontiere aperte" hanno, quasi di immediato riflesso, toccato anche gli altri abituali settori del pellegrinaggio lourdiano: molto più numerosi ad esempio i malati che erano ben 250 con l'allargamento anche qui a nuove persone e soprattutto con l'impegno di tutta l'associazione a tenere i contatti lungo l'annata, così che si vada missionariamente estendendo l'azione oftaliana a fianco del mondo della sofferenza.
C'era un'altra componente simpatica nel pellegrinaggio: era la "carrozza bianca" con tanti bimbi affiancati affettuosamente da mamme e papà, alcuni ammalati e sofferenti, altri vispi e in salute, tutti - comunque - festosamente animati in un gruppo ben distinguibile, anche durante le diverse celebrazioni, dal loro striscione "Abbracciamo il Padre".
In quell'abbraccio ci siamo sentiti tutti coinvolti, comprese le centinaia di pellegrini venuti in aereo e in treno al seguito di così simpatiche presenze.
Il numero altissimo (quasi 1200) e l'armonioso equilibrio tra i gruppi così differenti (bambini, giovani, malati e pellegrini) hanno messo a dura prova dame e barellieri dell'Oftal che si sono prodigati con generoso impegno.
È stato questo il loro "gesto missionario": moltiplicare le forze, allargare le maglie organizzative, dedicarsi giorno e notte, farsi trovare sempre presenti - con i medici e i responsabili della Segreteria e della Direzione - a tutte le necessità e a tutti i richiami.
Voglio dare atto all'Oftal e personalmente al Presidente Enzo Defrancisci e al Delegato vescovile don Franco Josi, della perfetta organizzazione, ma soprattutto della passione, del cuore, della grinta che l'Associazione ha messo in campo, perchè il pellegrinaggio avesse quella connotazione di apertura missionaria che ci eravamo ripromessi.
Ciò significa - ce lo siamo detto più volte - che bisogna continuare, guardando avanti.
E guardare avanti significa inevitabilmente guardare ai giovani, speranza per il domani.
Se non mi illudo, l'apertura missionaria al mondo giovanile, timidamente iniziata lungo il corso dell'anno con "Giovani 2000", ha vissuto con questo pellegrinaggio lourdiano, una tappa decisiva.
Se penso alla "via crucis" notturna di questi duecento e più giovani, fiume di fuoco con le fiaccole accese lungo l'erta che va al Calvario, mi pare di intravvedere come un simbolo di un cammino duro ma luminoso, serio, impegnato, costante.
Così se penso al loro camminare sulle strade assolate tra la Bergérie e Adè (prima dello spaventoso temporale che contemporaneamente colpiva malati e pellegrini in piena "prairie" a Lourdes) non posso non immaginare che il nostro cammino continuerà, sotto il sole e sotto la pioggia, con il coraggio di chi crede e con l'audacia di chi spera, ma soprattutto con l'amore di chi ha deciso di scegliere la strada evangelica della generosità, della dedizione, della gratuità.
Insieme ce la faremo.
Quanti eravamo, infreddoliti per la pesante pioggia ma lieti per il cammino fatto, nella chiesa di Adè ad incontrare quei giovani, meravigliosamente giovani nel bene e nel male, non potremo dimenticare, sull'onda di quelle esperienze raccontate con la semplicità dei bambini ("di essi è il Regno"), il messaggio della speranza che il pellegrino di Emmaus ha acceso nel cuore dei due sconfortati discepoli.
Insieme, con Cristo, pellegrino di speranza, ce la faremo.
Siamo tornati anche noi da Lourdes con il cuore che ci ardeva lungo la via e diremo a tutti, con l'urgenza missionaria che ci zampilla dall'anima come acqua fresca di sorgente, che abbiamo incontrato Qualcuno per cui merita impegnare la vita.

Germano, Vescovo

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